giovedì 30 luglio 2015

Voci dalla cucina - Ingredienti e pregiudizi

La parola a Sara:

"È passato qualche giorno da quando ho avuto il piacere di collaborare a uno degli eventi in cui cucino, quindi ricordi e sensazioni sono ben frollate. Nonostante questo, spiegare a parole, cosa provo quando cucino mi rimane piuttosto difficile, parecchio difficile direi. Come faccio a scrivere di sapori, abbinamenti e colori? Il più delle volte mi è difficile farlo perfino con chi ha la sfortuna di assistermi in cucina, tanto che spesso, nella tensione del momento, finisco per farlo a gesti.
La cosa interessante è che, spiegata in questi termini, si potrebbe pensare che sia il tipo di persona che si fa prendere dal panico, che inizia a lavorare in modo entropico e alla fine la combina, la cazzata. 
In realtà, quando cucino, io sento la musica. Non nel senso che accendo una radio, no. La musica di cui parlo mi parte da dentro. È note, ordine e armonia e io so seguirla senza perdermi. Cucinare è la panacea di ogni ansia per me, una matematica di fenomeni e ingredienti che mai potrebbe gettarmi nel caos, nella disperazione, anche quando qualcosa non va come l'avevo immaginata.
Persino quando sbaglio (e capita sovente) riesco a scovare un rimedio che invece di aggiustare trasforma, spesso migliora, anche grazie a una costante manciata di fortuna.
La mia ultima esperienza come addetta alla cucina è avvenuta durante una cena con delitto che, lo ammetto, mi ha portato a nutrire qualche istinto omicida.
Non nei confronti del cliente, per carità, in questo frangente davvero vittima di esigenze alimentari piuttosto limitanti. Il soggetto del mio odio, tanto quanto del mio amore è sempre lui, l'ingrediente, la materia prima, fonte di pena e devozione.
Lasciate che vi spieghi meglio. 
Fra i partecipanti alla cena erano presenti una ragazza celiaca e una vegana con lo stesso problema.
Ovviamente i sudori freddi sono iniziati quasi subito, insieme alle lunghe elucubrazioni.
Giusto per fare il punto, avevo a che fare con due persone intolleranti al glutine di cui una non mangiava nulla che provenisse da animali, il che significa no carne, ma anche no latticini, nuova, persino miele.
Bella sfida, prima nel suo genere per me.
Il mio primo obiettivo era quello di non penalizzare qualità e gusto arrendendomi alla giustificazione che chi fa queste scelte alimentari per etica (ammirevole) o necessità (e ha tutta la mia solidarietà) sa già che dovrà adeguarsi.
Perché doversi accontentare, insomma?Non mi pareva giusto.
Presa da un raptus di michelangiolesca memoria, ho cominciato a inveire contro la farina, per le sua straordinaria ricchezza di glutine cui dovevo la soffice lievitazione naturale del mio pane, o le uova e le loro straordinarie proprietà leganti, perché meditavo di preparare degli gnocchi di grano saraceno che però non avrei potuto servire alla cliente vegana. Avete mai provato a preparare una mousse senza gli albumi, cui tanto deve questa delizia la sua impalpabilità? 
Non parliamo poi del burro, essenziale per la preparazione di una eccellente pasta sfoglia: mai guardato qualcuno (o qualcosa) con tanto astio.
Studiare un menu che potesse soddisfare le mie pretese non era l'unica fatica, anche l'acquisto degli ingredienti non era da meno. Dovete sapere, infatti, che non basta comprare alimenti che non contengono glutine: bisogna avere la certezza, riportata dal produttore direttamente sulla confezione, che la lavorazione degli stessi non è avvenuta in ambienti in cui sono stati lavorati prodotti in cui è presente.
Venendo a contatto in prima persona con le esigenze di un consumatore così particolare, mi sono resa conto di quanto è complicata la vita del celiaco. In pratica, gli acquisti che chi ha questo disturbo può fare in un supermercato, oltre ad essere molto limitati, sono anche estremamente costosi.
A questo punto, rendere l'esperienza di questa particolare cliente gustosa, oltre che sicura, era un dovere.
E che dire della cliente vegana? La poveretta aveva chiamato per rassicurarci che si sarebbe accontentata di un'insalata. Neanche a parlarne!
Il guanto di sfida era ormai lanciato e coglierlo si è dimostrato un'autentica scoperta.
Dopo più di una lotta per studiare il modo di compensare la mancanza degli ingredienti vietati, ho capito che stavo commettendo un errore madornale.
Pensare di sostituire un ingrediente sapendo che il suo succedaneo non avrebbe svolto pari funzioni, infatti, era la mossa sbagliata.
Ho quindi ampliato i miei orizzonti riguardo ingredienti di cui avevo conoscenze limitate e per cui, in certi casi nutrivo veri e propri pregiudizi.
Da quella cena non ho mai smesso di sperimentare, di deliziarmi di fronte a nuove, gustose scoperte e ora, lo ammetto, il mondo vegan e gluten free ha acquistato un fascino unico ai miei occhi.
Tanto che oramai la colazione a casa mia gode della bontà della torta al cioccolato con farina di riso e noci, tofu vellutato e zucchero di canna, divenuta ormai un'irrinunciabile leccornia della mia tavola."
il dolce vegano e gluten free a base di cacao e latte di cocco creato da Sara.

martedì 28 luglio 2015

Il vino fa buon sangue

Le cene con delitto sono sempre un’esperienza divertente, quelle che scrive Chiara Mensi per noi della Bieffepi sono però una vera chicca! Sabato sera all’Angelo del Convento di Loranzè abbiamo messo in scena “Il vino fa buon sangue” una storia a tratti delirante con protagonisti strampalati che si susseguono e si intervallano ad un ritmo velocissimo di colpi di scena e battute insolite. 
Il posto che ci ha ospitati è un ristorante e bed&breakfast sulla collina, la cena è stata servita all’aperto, su una terrazza con una vista spettacolare sul canavese e incredibilmente il caldo e le zanzare ci hanno dato una tregua. Ma a parte le condizioni atmosferiche, e il pubblico che si è lasciato coinvolgere e ha seguito con entusiasmo fino all’ultima battuta, il segreto che vi vogliamo raccontare oggi riguarda il backstage! 
Ci sono sempre dei piccoli segreti, dei momenti spassosissimi che nessuno sa perché nascosti nel segreto delle stanze in cui proviamo. Le cene con delitto sono fatte di improvvisazione perché il pubblico, il locale, gli attori e le serate sono sempre diversi; e l’improvvisare degli attori non si ferma alla scena ma prosegue per tutta la serata fino al rientro a casa. Più i personaggi sono particolari, strampalati, divertenti, più ce li trasciniamo addosso come se fossero i nostri alter ego, esattamente come è successo sabato sera. 
La shampista finta investigatrice è rimasta tale dalle 6 del pomeriggio (la cena è stata servita alle 21.00) alle 3 del mattino successivo con brevi sprazzi di lucidità nel mezzo. Brevissimi. E anche l’amica, tale personaggio avvezzo a sbagliare i termini all’interno del discorso, ha preso possesso del corpo dell’attrice che lo interpretava anche dopo l’uscita di scena, per preparare le battute e cantare canzoni strampalate in un inglese molto creativo. Come non citare infine il toy boy italo americano con un nome che è tutto un programma. Solo il figlio dell’avvocato si salvava, fortunatamente un barlume di razionalità in questo mare di nonsense!
Se vi chiedete come sia andata la storia, se avreste risolto il mistero, come sono i personaggi che popolano le storie di Chiara, beh vi consigliamo di partecipare alla prossima cena con delitto. E se vi state chiedendo come partecipare, tutte le info le trovate su www.bieffepi.com
Marcello, Marina, Martina, Giuseppe; protagonisti di "il vino fa buon sangue"